La Notte Stellata sul Rodano di van Gogh (Arles, 1888).

Alcune considerazioni astronomiche.

 

Gianluca Masi e Antonella Basso

 

Il soggiorno di Vincent van Gogh ad Arles (febbraio 1888 - maggio 1889) appare particolarmente importante per il maestro olandese. Impossibile - e peraltro non opportuno - sarebbe in questa sede  approfondirne i dettagli, stante la rilevanza dello stesso nella storia personale dell'artista, nonché la vastità e la complessità della sua produzione in questa fase. Basterà ricordare che proprio in quel periodo il rapporto con Gauguin, giunto infine anch’egli in Provenza, culmina nell’incomprensione e nel dramma, con notevoli conseguenze sull’animo del pittore. Notevolissime anche le esperienze più propriamente artistiche, che conducono ad una serie di numerosi ed immortali capolavori.

Qui si vuole avvicinare proprio uno di essi, prendendo spunto dal soggetto astronomico, con la speranza che questo nostro approccio stimoli analoghi tentativi, offrendo lo spunto per un lavoro interdisciplinare, capace di interessare ambiti diversi. 

          

            La Notte Stellata sul Rodano nasce dalla creatività di uno dei più celebri maestri espressionisti in un periodo in cui lo stesso soddisfa  il proprio desiderio di dipingere "dal vivo"e all'aperto (ovvero en plein air).  Segue di soli pochi giorni la realizzazione della Terrazza del caffè in Place du Forum ad Arles la sera, opera che già offre molto spazio al cielo notturno.  Mentre in quest'ultima, tuttavia, van Gogh pone la sua attenzione soprattutto sulle luci a gas dei lampioni e sul loro modo di “poggiarsi” sulle cose, alla cui artificialità il maestro contrappone proprio lo scintillare delle stelle, nel dipinto che invece ha motivato la nostra indagine il cielo è il protagonista, proprio l’elemento che suscita nell'autore le emozioni più forti. Nell’aprile del 1888 aveva scritto a Bernard: “Un cielo stellato,ad esempio. Questa è una cosa che mi piacerebbe provare a fare. […]. Ma come posso farlo se non a casa mia, con la mia immaginazione?”. Evidentemente solo più tardi aveva deciso di cogliere la scena dal vivo, spinto dal desiderio di confrontarsi con i relativi problemi, come si legge in una lettera al fratello del settembre 1888.

 

 

Terrazza del caffè in Place du Forum ad Arles la sera
Olio su tela; 81 x 65,5 cm
Kröller-Müller Museum, Otterlo
Notte Stellata
Olio su tela; 73 x 92
The Museum of Modern Art, New York

                                  

Rispetto alla successiva  - ma più celebre - Notte stellata (Saint-Rémy, 1889) con i suoi affascinanti astri rutilanti, il dipinto che oggi accende la nostra attenzione appare una rappresentazione evidentemente più  realistica del cielo notturno. La figura del Grande Carro, collocata tra stelle più fioche, domina la tela. E' noto  - e le considerazioni che seguono lo confermeranno - che l’opera venne realizzata en plein air nel settembre del 1888;  ha senso dunque domandarsi come sia stato affrontato e risolto il problema del trasferimento sulla tela di quanto osservato. Van Gogh era consapevole di dipingere il Grande Carro o – meglio - l’Orsa Maggiore, come si legge nella lettera a Theo del 28 settembre 1888. Anche qui si l'artista si appassiona al contrasto tra la luce delle stelle e quella, violenta, delle lampade a gas che si riflette sulle acque del fiume, ma  il cielo ha un ruolo centrale, motivato probabilmente proprio dalla conoscenza del soggetto astronomico presente e dal desiderio di dipingere una notte di stelle che leggevamo nella lettera a Bernard di alcuni mesi prima. Ed è sul cielo che poniamo ora la nostra attenzione. Intanto, alcune considerazioni preliminari possono essere fatte già ad una rapida occhiata. In seguito  ci soffermeremo brevemente prima sugli aspetti geometrici, ovvero legati alla collocazione delle stelle sulla tela, successivamente su quelli fotometrici, connessi alla resa nel dipinto delle diverse luminosità degli oggetti riportati. 

 

 

Il Grande Carro, così come visibile ad Arles il 25 settembre 1888, alle 22.30 locali. Simulazione ottenuta con TheSky. La Notte Stellata sul Rodano
Olio su tela; 72,5 x 92 cm
Musée d'Orsay, Parigi

  

Volendo determinare quando il pittore realizzò quest’opera si può fare riferimento innanzi tutto alla lettera che il 28 settembre 1888 egli scrisse al fratello Theo, la prima in cui accenna al dipinto. Di esso non troviamo menzione nelle missive del 9 e 16 settembre, dove invece accenna al celebre “Terrazza del Caffè la Sera”, né in tutte le successive, inclusa quella del 24 settembre sempre al fratello. E’ dunque probabile che il dipinto sia stato realizzato tra il 20 ed il 30 settembre. Sappiamo che van Gogh era fiero della rapidità con cui lavorava e ad Arles essa viene ancor più esaltata. E’ perciò verosimile che il dipinto esaminato sia stato, appunto, "fissato di getto" (au premier coup) sulla tela. 

      Assumendo per semplicità il 25 settembre 1888 come data della realizzazione, appare evidente come la costellazione sia stata rappresentata così come visibile intorno alle 22:30 locali, dunque a notte fonda. Si ha la sensazione, tuttavia, che il noto gruppo di stelle non sia stato “immortalato” entro un lasso di tempo relativamente breve. Infatti, le due stelle posteriori del Carro individuano una direzione compatibile con un orario successivo rispetto a quello suggerita dal timone: la congiungente Alkaid-Megrez risulta infatti praticamente orizzontale, mentre la linea Dubhe-Merak appare obliqua verso destra. Addirittura, quest’ultimo allineamento non è compatibile con quello Alkaid-Dubhe, che si accorda invece con quello del timone.

  

Van Gogh riporta tutte e sette le stelle principali, modificandone però le posizioni relative. In particolare, Alioth è troppo vicina a Megrez, risultando pure fuori allineamento rispetto alla direttrice Mizar-Megrez. Particolarmente alterata è la collocazione di Phecda, che conferisce al quasi-rettangolo posteriore del Carro un aspetto decisamente trapezoidale. Una possibile spiegazione, suggerita dall’accennato ritardo apparente con cui alcune stelle sono state dipinte rispetto ad altre, è che Merak sia stata collocata sulla tela circa 40 minuti dopo le altre, seguita da Phecda, posizionata guardando proprio a Dubhe e Merak, dato che l’angolo Dubhe-Merak-Phecda è corretto (anche se Merak e Phecda sono troppo vicine).   

L’altezza sull’orizzonte dell’intera costellazione, valutata facendo riferimento alle sue dimensioni, è in buon accordo con la latitudine di Arles (43.66° N), dunque il maestro in questo caso ha saputo giudicare correttamente le distanze angolari in gioco

  

L'opera fornisce interessanti spunti anche dal punto di vista fotometrico. Abbiamo assunto che che il pittore abbia codificato la luminosità con le dimensioni dell’immagine dell’oggetto sulla tela. La stella più brillante del Grande Carro è Alioth, che van Gogh invece “vede” meno luminosa di altre. Le stelle più “grandi” nel quadro sono Megrez (la stella invero più debole tra le sette) e Mizar, rappresentata con un dischetto davvero esteso: chissà se il maestro olandese voleva includere in questo modo la vicinissima Alcor. Dubhe, per noi la stella alfa, è vista come piuttosto brillante. Tutte esse sono rese con il medesimo colore, di chiara dominante verde. In effetti, tutte e sette hanno un colore simile tra loro, per quanto ad uno sguardo attento Dubhe appaia di tonalità leggermente più calda.  

Tutt’intorno al Grande Carro è rappresentato un buon numero di altre stelle. Alcune di esse possono forse essere messe in relazione con le costellazioni circostanti e con l’Orsa Maggiore, altre probabilmente sono state aggiunte di fantasia dal pittore. Per loro la codificazione fotometrica è decisamente più arbitraria.

 

Alla luce di queste considerazioni possiamo concludere che la Notte Stellata sul Rodano offre una rappresentazione del cielo alquanto verosimile, a riprova del fatto che il grande olandese era effettivamente "sul posto", sotto le stelle.

 

           Questo lavoro è stato condotto in riferimento all'immagine qui proposta. Si ringrazia David Brooks, The Vincent van Gogh Gallery, Toronto, CA

 

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